Scienze e Tecniche Psicologiche - Università del Salento

Riassunto - Cap 11

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eliisewin
view post Posted on 18/6/2008, 13:48




Cap 11 IL COMPORTAMENTO NUTRITIVO

Ci sono delle funzioni che gli organismi debbono necessariamente essere in grado di assolvere, per poter sopravvivere in ambienti sfavorevoli per le cellule che li compongono. Gli organismi viventi, cioè, debbono regolare la composizione del liquido interstiziale che bagna le loro cellule.
La regolazione del liquido che bagna le nostre cellule è parte integrante di un processo chiamato omeostasi.

MECCANISMI DI REGOLAZIONE FISIOLOGICA
Un meccanismo di regolazione fisiologica ha lo scopo di stabilizzare alcune caratteristiche interne dell'organismo, in relazione alla variabilità delle condizioni esterne; ad esempio, mantenere costante la temperatura corporea, nonostante le fluttuazioni della temperatura ambientale. Un meccanismo di regolazione è determinato da quattro caratteristiche fondamentali: la variabile di sistema (la caratteristica che deve essere regolata), un livello di riferimento (il valore ottimale della variabile di sistema), un sensore, che rileva il valore assunto dalla variabile di sistema, e un meccanismo di correzione, che riporta la variabile di sistema al livello di riferimento.
Il meccanismo mediante il quale l’effetto prodotto da un’azione agisce diminuendo o interrompendo quella stessa azione, caratteristico dei sistemi di regolazione è chiamato feedback (retroazione) negativo.
Il mecanismo cerebrale che provoca la cessazione della fame o della sete, in conseguenza di un adeguato rifornimento di principi nutritivi e di acqua è detto meccanismo della sazietà.

ASSUNZIONE DI LIQUIDI
Per mantenere il nostro ambiente interno in stato ottimale dobbiamo bere dell'acqua, di tanto in tanto.
Alcune nozioni sul bilancio idrico
Il corpo dispone di quattro principali compartimenti liquidi: un compartimento di liquido intracellulare e tre compartimenti di liquido extracellulare. Approssimativamente due terzi del patrimonio idrico corporeo sono contenuti nel liquido intracellulare, la porzione fluida del citoplasma cellulare. Il resto è rappresentato dal liquido extracellulare, che comprende il liquido intravascolare (il plasma sanguigno), il liquido cerebrospinale e il liquido interstiziale, custodito nello spazio che intercorre tra le cellule del nostro corpo e l'acqua marina che bagna le nostre cellule.
Due dei compartimenti liquidi del corpo devono essere tenuti entro limiti precisi: il liquido intracellulare e quello intravascolare. Il volume del liquido intracellulare è regolato attraverso il controllo della concentrazione dei soluti presenti nel liquido interstiziale. Normalmente, il liquido interstiziale è isotonico rispetto al liquido intracellulare. Questo significa che la concentrazione dei soluti all'interno delle cellule e nel liquido interstiziale che le bagna si trova in uno stato di equilibrio, per cui l'acqua non tende né ad entrare né ad uscire dalle cellule.
Il volume del plasma sanguigno deve essere calibrato accuratamente, affinchè sia mantenuta una buona funzionalità della meccanica cardiaca. Se il volume plasmatico diminuisce oltre misura, il cuore non riesce più a pompare il sangue con efficacia, fino ad arrivare, se non viene ripristinato il volume adeguato, al collasso cardiaco. Quest'ultima condizione è definita ipovolemia. Il sistema vascolare può mettere in atto alcuni aggiustamenti per fronteggiare una caduta del volume sanguigno, contraendo la muscolatura delle pareti delle vene e delle arterie minori, in modo da ridurre lo spazio che il sangue deve colmare, ma questi meccanismi di correzione hanno una validità limitata.
Due tipi di sete
La deplezione di acqua dei compartimenti liquidi intracellulare o intravascolare stimola il meccanismo correttivo del bere. I ricercatori hanno adottato le definizioni di sete osmometrica e sete volumetrica.
Sete osmometrica
La sete osmometrica è indotta da un aumento della tonicità (concentrazione di soluti) del liquido interstiziale. L'ipertonicità del liquido interstiziale spinge l'acqua al di fuori delle cellule, riducendo di conseguenza il volume cellulare. Il termine osmometrico descrive il processo tramite il quale i sensori rispondono alle modificazioni di concentrazione del liquido interstiziale che li circonda. L'osmosi è il movimento di diffusione che l'acqua compie attraverso una membrana semipermeabile, seguendo un gradiente che la spinge da una regione a bassa concentrazione di soluti verso un'altra ad elevata concentrazione.
Verney (1947) fu il primo ad avanzare l'ipotesi che il cervello contenesse dei neuroni sensibili alle variazioni della concentrazione dei soluti del liquido interstiziale, definendo questi neuroni osmocettori. Egli suppose che gli osmocettori fossero dei neuroni la cui frequenza di scarica è influenzata dal livello d'idratazione. In pratica, se il liquido interstiziale che li circonda diventa più concentrato, gli osmocettori perdono acqua attraverso un fenomeno di osmosi. Questa disidratazione causa una modificazione nella loro frequenza di scarica, che sarà letta come segnale da neuroni localizzati in altre regioni del cervello.
L'OVLT (organum vasculosum della lamina terminale), analogamente agli altri organi circumventricolari, è posto sul versante esterno (lato ematico) della barriera ematoencefalica. Questo implica che le sostanze disciolte nel sangue diffondono facilmente nel liquido interstiziale all'interno di quest’organo.
Sete volumetrica
La sete volumetrica insorge quando il volume intravascolare del plasma sanguigno decresce.
Un'emorragia è la causa più ovvia di sete volumetrica pura. La sete volumetrica rappresenta una seconda opportunità di difesa contro la deplezione idrica, nel caso in cui il sistema osmometrico sia fuori uso, facendo in modo che la perdita di liquido isotonico venga compensata dall'ingestione di acqua. Inoltre, poiché l'ipovolemia comporta una perdita di sodio, oltre che di acqua, e provoca una fame di sale.
I meccanismi all'origine della sete volumetrica e della fame di sale, sono attivati da due gruppi di recettori, un gruppo nei reni, che controlla la secrezione di angiotensina, e un altro nel cuore e nei vasi sanguigni di grosso calibro (barorecettori atriali).
Il ruolo dell'angiotensina
I reni contengono cellule in grado di rilevare un decremento del flusso ematico renale. La diminuzione del volume sanguigno rappresenta la causa primaria di un ridotto apporto ematico ai reni, per cui queste cellule si attivano in presenza di ipovolemia. La caduta del livello di irrorazione ematica renale stimola queste cellule a secernere un enzima, la renina, che, immessa nel circolo sanguigno, catalizza la conversione di una proteina, denominata angiotensinogeno, in un ormone, l'angiotensina.
L'angiotensina svolge numerose funzioni fisiologiche: sollecita la produzione di ormoni da parte dell'ipofisi posteriore e della corticale del surrene, che inducono i reni a conservare acqua e sodio, ed aumenta la pressione sanguigna, promuovendo la contrazione della muscolatura liscia delle arterie minori. Inoltre, induce due effetti comportamentali: da impulso all'assunzione di liquidi e determina fame di sale.
Barorecettori atriali
II secondo gruppo di recettori all'origine della sete volumetrica è localizzato all'interno del cuore.
Fitzsimons e Moore-Gillon (1980) hanno dimostrato che l'informazione proveniente dai barorecettori contenuti negli atri cardiaci può stimolare la sete. Questi ricercatori hanno sottoposto dei cani ad un intervento chirurgico per l'impianto di un palloncino nella vena cava inferiore, che convoglia al cuore il sangue refluo da gran parte del corpo (escludendo la testa e gli arti superiori).
Quando il palloncino veniva gonfiato, l'ostruzione così procurata diminuiva l'apporto ematico al cuore, riducendo, inevitabilmente, la quantità di sangue che affluiva all'atrio destro. Nel giro di 30 minuti, i cani cominciavano a bere. Quillen, Keil e Reid (1990) hanno confermato questi risultati. I ricercatori, inoltre, hanno osservato che l'interruzione dei nervi che connettono i barorecettori atriali con il cervello porta gli animali a bere molto di meno, quando l'irrorazione cardiaca è temporaneamente ridotta.
Meccanismi neurali della sete
Gli osmocettori responsabili della sete sono localizzati nell'OVLT e (almeno in alcune specie) nel tessuto cerebrale intorno all'AV3V. L'intera regione circostante la parte anteriore del terzo ventricolo dorsale e ventrale sembra essere la struttura cerebrale in cui vengono integrate le informazioni osmometriche e volumetriche e in cui nasce il controllo della sete. L'AV3V sembra ricevere informazioni anche in grado di stimolare la sete volumetrica. Le informazioni sensoriali provenienti dai barorecettori atriali cardiaci arrivano a al nucleo del tratto solitario. Questo nucleo invia assoni efferenti a molte regioni cerebrali, inclusa quella circostante l’AV3V.
Il secondo segnale per la sete volumetrica è fornito dall'angiotensina. Poiché questo peptide non riesce ad attraversare la barriera ematoencefalica, non può influenzare i neuroni cerebrali, eccetto quelli localizzati in uno degli organi circumventricolari.
I neuroni dell'organo subfornicale inviano i loro assoni al nucleo preottico mediano, un piccolo nucleo che avvolge la porzione frontale della commessura anteriore.
Anche nell'uomo, la regione dell'AVSV sembra svolgere una funzione cruciale nella regolazione del bilancio idrico. McIver et al. (1991 hanno riferito che una lesione cerebrale comprendente questa regione può causare sia il diabete insipido sia un’adipsia, ossia mancanza di sete.

ASSUNZIONE DI CIBO E METABOLISMO
Quella alimentare è, indubbiamente, una delle condotte più importanti del nostro repertorio comportamentale e anche una delle più piacevoli. Gran parte dell'apprendimento animale è motivato dalla costante lotta per la conquista del cibo; di conseguenza, il bisogno di nutrimento ha, indubbiamente, contribuito a modellare lo sviluppo evolutivo della nostra specie.
Ai fini della sopravvivenza, la nostre cellule debbono essere rifornite di sostanze nutritive e ossigeno. Il combustibile, ovviamente, proviene dal tratto digerente e la sua presenza è frutto dell'assunzione di cibo. Il sistema digerente, tuttavia, è spesso vuoto; ad esempio, la maggior parte di noi si trova in queste condizioni al risveglio mattutino. Deve esserci, perciò, una riserva atta a immagazzinare le sostanze nutritive, in modo da apportare nutrimento alle cellule quando l'intestino è vuoto.
II processo metabolico si suddivide in due fasi. Durante la fase di assorbimento, il nostro organismo ricava glucosio, aminoacidi e lipidi dall'intestino. Il livello ematico di insulina si innalza e ciò permette alle cellule di metabolizzare il glucosio. Inoltre, il fegato e i muscoli trasformano il glucosio in glicogeno, rifornendo la riserva a breve termine. I carboidrati e gli aminoacidi in eccesso sono trasformati in grassi, che vengono accumulati nel tessuto adiposo, andando a reintegrare la riserva a lungo termine. Nel corso della fase di digiuno, l'attività del sistema nervoso parasimpatico decresce e quella del sistema nervoso simpatico aumenta. Di conseguenza, i livelli di insulina precipitano, mentre i livelli di glucagone e delle catecolamine surrenali aumentano. Questi eventi fisiologici determinano la conversione del glicogeno epatico in glucosio e la scissione dei trigliceridi in glicerolo e acidi grassi. In assenza di insulina, soltanto il sistema nervoso centrale è in grado di utilizzare il glucosio disponibile nel sangue; il resto del corpo ricorre all'impiego degli acidi grassi. Il fegato trasforma il glicerolo in glucosio, che viene assimilato dalle cellule cerebrali.

COSA DA INIZIO ALL'ASSUNZIONE DI CIBO?
Il comportamento alimentare viene attivato da numerosi fattori, fra i quali possiamo annoverare la presenza di una pietanza invitante, il ritrovarsi in compagnia di persone intente a mangiare. Alla base, comunque, deve esistere una sorta di segnale che informa il cervello che le riserve nutritive si stanno esaurendo e che è arrivato il momento di cominciare a procacciare e consumare del cibo.
Fattori sociali e ambientali
Una delle variabili più importanti, tra quelle in grado di condizionare l'appetito, è l'orario dei pasti.
La presenza di altre persone è un altro fattore che influisce fortemente sulla nostra condotta alimentare.
Segnali di fame di tipo fisiologico
Di solito, ci disponiamo a consumare un pasto perché è giunto il momento prestabilito per mangiare. La razione di cibo che sarà ingerita, invece, dipende da numerosi fattori, tra cui la quantità e la varietà di cibo disponibile, la sua piacevolezza al gusto e la presenza di altri commensali. Ma oltre a quelli elencati, nella regolazione della quantità del pasto intervengono anche fattori metabolici. Se saltiamo un certo numero di pasti, diventeremo progressivamente sempre più affamati, probabilmente in ragione dei segnali fisiologici che ci comunicano che stiamo attingendo nutrimento dalla nostra riserva a lungo termine. A parità di altre condizioni, quanto più diverremo affamati, tanto più tenderemo a mangiare appena ne avremo l'opportunità.
La caduta dei livelli ematici di glucosio (una condizione nota come ipoglicemia) è uno stimolo efficace per evocare la fame. La fame può essere suscitata anche provocando lipoprivazione un impoverimento lipidico delle cellule. Più esattamente, le cellule vengono private della loro capacità di metabolizzare gli acidi grassi, per mezzo dell'iniezione di uno di questi due farmaci: il metilpalmossirato (MP) o il mercaptoacetato (MA).
Qual è la natura dei sensori che controllano il livello delle riserve metaboliche e dove sono localizzati? Le evidenze raccolte fino ad oggi indicano che esistono due gruppi di sensori, localizzati rispettivamente nel cervello e nel fegato. I sensori cerebrali rilevano la disponibilità di sostanze nutritive nel loro versante della barriera ematoencefalica, mentre i sensori epatici rilevano le sostanze nutritive presenti nel resto del corpo. Poiché il cervello può utilizzare esclusivamente il glucosio, i sensori cerebrali sono particolarmente reattivi alla glucoprivazione; diversamente, poiché il resto del corpo può fruire sia del glucosio sia degli acidi grassi, i sensori del fegato sono sensibili sia alla glucoprivazione sia alla lipoprivazione.

COSA FA CESSARE L'ASSUNZIONE DI CIBO?
Se viene iniziato un pasto quando il bisogno fisiologico di nutrimento non è ancora significativo la quantità di cibo ingerita sarà modesta. Se, viceversa, il pasto è preceduto da un periodo prolungato di digiuno, e le riserve nutritive sono state già ampiamente saccheggiate, le quantità ingerite saranno abbondanti. In altri termini, se i segnali della fame sono flebili, sarà sufficiente un segnale della sazietà altrettanto flebile per interrompere il pasto. Viceversa, se i segnali della fame sono intensi, soltanto un segnale della sazietà piuttosto energico potrà metterli a tacere.
I segnali della sazietà cioè, i segnali che concludono un pasto provengono da due fonti principali. I segnali della sazietà a breve termine derivano dalle conseguenze immediate dell'ingestione di un particolare alimento. I segnali della sazietà a lungo termine provengono dal tessuto adiposo, che contiene la riserva nutritiva a lungo termine. Questi segnali non stabiliscono l'inizio e la fine di un particolare pasto ma, nel lungo periodo, controllano l'assunzione di calorie, modulando la sensibilità dei meccanismi cerebrali coinvolti nella fame.
Fattori cefalici
L'espressione fattori cefalici fa riferimento ai diversi gruppi di recettori localizzati nel capo: gli occhi, il naso, la lingua e la gola. Le informazioni relative all'aspetto, all’odore, al sapore, alla consistenza e alla temperatura del cibo, determinano degli effetti riflessi sulla sua assunzione, ma la maggior parte delle risposte che ne consegue è imputabile all'apprendimento
Fattori gastrici
Lo stomaco, probabilmente, contiene dei recettori capaci di rilevare la presenza di sostanze nutritive. Davis e Campbell (1973) hanno consentito a dei ratti di mangiare fino alla sazietà, rimuovendo immediatamente dopo il cibo ingerito attraverso un tubo impiantato nello stomaco. Se al ratto era consentito nuovamente di mangiare, si poteva rilevare l'assunzione di una quantità di cibo equiparabile a quella asportata. Questi risultati indicano che gli animali riescono a stimare il volume degli alimenti presente all'interno dello stomaco.
Fattori intestinali
L'intestino contiene dei recettori che rilevano la presenza di sostanze nutritive. Alcune ricerche hanno dimostrato che le fibre provenienti dal duodeno conducono informazioni sensoriali relative alla presenza di glucosio, aminoacidi e acidi grassi. Questi assoni possono convogliare al cervello dei segnali di sazietà.
Quando il cibo arriva nello stomaco viene mescolato con acido cloridrico e pepsina, un enzima che scinde le proteine nei loro aminoacidi costitutivi. Proseguendo, il cibo è gradualmente introdotto nel duodeno, dove viene mescolato alla bile e agli enzimi pancreatici, che danno il loro contributo al processo digestivo. Il duodeno controlla la velocità di svuotamento dello stomaco per mezzo di un ormone peptidico, chiamato colecistochinina (CCK). Quest'ormone deriva il suo nome dal fatto che provoca la contrazione della cistifellea (colecisti), con conseguente riversamento della bile nel duodeno. La CCK è secreta in risposta alla presenza di lipidi, che vengono rilevati dai recettori presenti sulle pareti duodenali. Oltre a stimolare la contrazione della cistifellea, la CCK determina il restringimento del piloro e inibisce le contrazioni gastriche, prevenendo l'ulteriore deflusso del chimo dallo stomaco.
II livello ematico di CCK, ovviamente, è correlato alla quantità di sostanze nutritive (soprattutto lipidi) che il duodeno riceve dallo stomaco. Quest'ormone, quindi, può rappresentare un potenziale segnale di sazietà per il cervello, che viene, in questo modo, informato del fatto che il duodeno ha ricevuto del cibo da parte dello stomaco.
Fattori epatici
La sazietà indotta dai fattori gastrici o duodenali ha una valenza anticipatoria, poiché essi preannunciano il potenziale ripristino, nel sistema digestivo, delle variabili di sistema che evocano la fame. La presenza di cibo nel cavo orale o nello stomaco non ha nessun effetto reintegrativo sulle riserve nutritive dell'organismo. I valori normali delle variabili di sistema che suscitano la fame sono ristabiliti soltanto quando le sostanze nutritive vengono assorbite dall'intestino. L'ultimo stadio della sazietà sembra avere luogo nel fegato, che è il primo organo ad apprendere che il cibo è stato finalmente assorbito.
Sazietà a lungo termine: segnali dal tessuto adiposo
La riserva di grasso del nostro corpo sembra essere regolata su basi temporali a lungo termine. Se un animale viene sottoposto ad alimentazione forzata, tanto da indurlo a ingrassare, esso ridurrà spontaneamente il proprio apporto calorico non appena gli sia concesso di stabilire autonomamente la quantità di cibo da ingerire.
Gli studi condotti sul topo ob hanno condotto alla scoperta della leptina, un ormone peptidico, secreto dalle cellule adipose colme di trigliceridi, che aumenta il ritmo metabolico e diminuisce il consumo alimentare.

MECCANISMI CEREBRALI
I segnali della fame e della sazietà hanno origine nel sistema digerente e nelle riserve nutritive del corpo e il loro bersaglio è il cervello.
Tronco dell'encefalo
La decerebrazione disconnette i motoneuroni del tronco dell'enfcefalo e del midollo spinale dai circuiti neuronali degli emisferi cerebrali che normalmente presiedono al loro controllo.
I ratti decerebrati non sono in grado di avvicinarsi e mangiare autonomamente il cibo; gli sperimentatori debbono collocarlo, in forma liquida, all'interno del loro cavo orale. I ratti decerebrati sono capaci di distinguere sapori differenti, mostrando una predilezione nel sorbire e ingerire liquidi dolci o lievemente salati e espellendo dalla bocca.
Ipotalamo
Le scoperte realizzate negli anni '40 e '50 hanno focalizzato l'attenzione degli studiosi interessati al comportamento alimentare, su due particolari regioni ipotalamiche: l'area laterale e l'area ventromediale.
gli studiosi hanno sostenuto che queste due regioni controllassero rispettivamente la fame e la sazieietà: la prima agiva come acceleratore, mentre la seconda fungeva da freno.
Ruolo della fame
La stimolazione dell’ipotalamo laterale, per mezzo di impulsi elettrici o aminoacidi eccitatori, suscita la fame, mentre le lesioni o l'infusione di antagonisti del glutammato inibiscono la condotta nutritiva. L'ipotalamo laterale contiene due gruppi di neuroni, la cui attività aumenta la fame e rallenta il metabolismo, attraverso il rilascio dei neurotrasmettitori peptidici orexina e MCH (ormone concentrante la melanina). La deprivazione alimentare aumenta i livelli di questi peptidi, e i topi con una mutazione mirata che colpisce l'MCH tendono a sottoalimentarsi. Gli assoni di questi neuroni proiettano a regioni cerebrali coinvolte nella motivazione, nel movimento e nel metabolismo.
Il rilascio del neuropeptide Y nell'ipotalamo laterale, provoca un comportamento alimentare vorace un effetto reso possibile dalla connessione dei neuroni secernenti l'NPY con quelli dell'orexina e dell'MCH. L'infusione di NPY nel nucleo paraventricolare diminuisce il ritmo metabolico. I livelli di NPY nell'animale aumentano a seguito della deprivazione alimentare e decrescono per effetto dell'assunzione di cibo. Un farmaco che blocca i recettori per l'NPY inibisce il comportamento alimentare.
Ruolo della sazietà
La leptina, l'ormone della sazietà a lungo termine, secreto dal tessuto adiposo saturo di sostanze nutritive, attutisce la sensibilità cerebrale ai segnali della fame. La leptina si lega ai recettori del nucleo arcuato dell'ipotalamo, esercitando un effetto inibitorio sui neuroni che secernono l'NPY, che si ripercuote nell'aumento dell'attività metabolica e nell'inibizione della condotta alimentare. Il nucleo arcuato contiene, inoltre, neuroni che sintetizzano il CART (trascritto regolato dalla cocaina e dall'amfetamina), un peptide che placa la fame. Questi neuroni, che vengono attivati dalla leptina, stabiliscono connessioni inibitorie con i neuroni dell'MCH e dell’orexina dell'ipotalamo laterale.
Un altro neurotrasmettitore, la 5-HT, esercita un effetto inibitorio sul comportamento alimentare. Gli agonisti della serotonina sono stati impiegati nel trattamento dell’obesità umana. L'area d'azione di questi farmaci risiederebbe nel tronco dell'encefalo, così come nell'ipotalamo.

DISTURBI ALIMENTARI: OBESITA’ E ANORESSIA NERVOSA E BULIMIA NERVOSA
Due differenti categorie di disturbi alimentari obesità e anoressia/bulimia nervosa provocano gravi problemi per la salute. Sebbene le variabili ambientali, come l'educazione a mangiare tutto ciò che abbiamo nel piatto e l'attitudine di preparare il cibo in pietanze appetitose possa contribuire agli eccessi alimentari, la causa più importante sembra consistere in un metabolismo efficiente, che permette di accumulare grasso con facilità. L'efficienza metabolica è determinata da fattori ereditar! e ambientali. Studi su casi di adozione non hanno fornito evidenze che comprovino un'influenza significativa dell'ambiente familiare infantile di una persona sul suo peso da adulto. Altri fattori ambientali, comunque, esercitano un ruolo importante nello sviluppo dell'obesità.
Fino ad ora, nell'uomo, esistono poche evidenze in favore della connessione tra secrezione carente di leptina e obesità, così come è stata, invece, riscontrata nei topi ob. In realtà, le persone obese presentano, generalmente, elevati livelli ematici di leptina. Allo stesso modo, non sono stati descritti, nelle persone obese, sufficienti casi di difetti a carico dei recettori per la leptina.
Il topo agouti è caratterizzato da un difetto genetico che rende giallo il suo pelo e lo conduce all'obesità. La mutazione responsabile di questa sindrome determina la produzione della proteina agouti nelle cellule di tutto il corpo. Questa proteina ha l'effetto di bloccare i recettori MC-4 cerebrali. Due distinti peptidi endogeni agiscono come ligandi per i recettori cerebrali MC-4. Altri possibili "geni dell'obesità" sono quelli responsabili della produzione di proteine implicate nella regolazione del metabolismo, come la proteina disaccoppiante, che aumenta la produzione di calore, dissipando quindi energia.

L'anoressia nervosa è un disturbo estremamente grave e può essete letale. Sebbene i pazienti anoressici evitino di ingerire cibo, ne sono spesso ossessionati e i loro livelli di insulina si innalzano in presenza di uno stimolo appetitoso. La bulimia nervosa (talvolta associata all'anoressia) si manifesta sotto forma di periodiche abbuffate e conseguenti evacuazioni forzate.
I ricercatori stanno cominciando a studiare le possibili anomalie nella regolazione dei neurotrasmettitori e dei neuropeptidi, che sembrano implicati nel controllo normale del comportamento alimentare, per trarne inferenze per il trattamento medico dell'anoressia e della bulimia. Fino ad ora, non è stato trovato nessun farmaco efficace per il trattamento dell'anoressia nervosa; tuttavia la fluoxetina, un agonista della serotonina utilizzato come antidepressivo, si è rivelata utile nel sopprimere gli episodi bulimici.
 
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